Il “caso” della supply chain finance raccontato dall’Osservatorio del Polimi
Il futuro del credito alle imprese è sempre più Fintech. Oltre al marketplace lending in cui BorsadelCredito.it è leader in Italia, c’è tutto un mondo pressoché inesplorato, legato al credito di filiera, o supply chain finance, ovvero “l’insieme di strumenti finanziari, pratiche e tecnologie impiegati per ottimizzare capitale circolante e liquidità di tutti gli operatori coinvolti nella filiera produttiva.” In Italia, questo mercato vale 559 miliardi di euro, ma è servito solo al 26%: il che vuol dire che il 74%, ovvero 413 miliardi, è ancora disponibile per il finanziamento alle imprese.
Perché il Fintech può aiutare? Perché consente soluzioni rapide ed efficienti: necessarie in un contesto in cui il tempo medio di incasso dei crediti commerciali in Italia è di 78 giorni contro una media europea di 47 e quello di pagamento dei debiti ai fornitori di 137 giorni contro una media europea di 65, numero che da soli rendono evidente la necessità di nuove modalità di finanziamento per le imprese.
E in Italia c’è molto fermento, tra norme che cambiano e startup che nascono, almeno secondo quanto si evince da una recente ricerca dell’Osservatorio Supply Chain Finance della School of Management del Politecnico di Milano. “La ricerca evidenzia un cambio radicale nella velocità di sviluppo del mercato del credito di filiera in Italia – spiega Stefano Ronchi, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Supply Chain Finance – uno sviluppo che, più che nei numeri, si rileva nella nascita di nuove soluzioni, nelle evoluzioni normative che ne abilitano l’adozione, nell’ingresso prepotente di nuovi player e di startup, mentre le tecnologie che si stanno affacciando come blockchain, big data e Application Programming Interface, offrono nuove opportunità.”
Perché ne parliamo? Perché si tratta di soluzioni tecnologiche e di strategie affini a quella elaborata da BorsadelCredito.it e che vanno nella stessa direzione di contributo alle crescita delle PMI e con esse dell’economia reale.
Vediamo allora qual è lo stato dell’arte. Secondo l’Osservatorio Polimi sono circa 50 le startup in ambito Supply Chain Finance nate dal 2009 alla prima metà del 2016 a livello internazionale. Un fenomeno crescente, con una spinta guidata dal Nord Europa (Regno Unito e Australia in primis), in cui però il nostro Paese è protagonista: se 22 startup della rilevazione effettuata dall’Osservatorio hanno Headquarters nei Paesi anglosassoni, 6 hanno fissato la loro sede in Italia.
Le attività delle startup si concentrano in particolare sull’accesso al credito delle PMI con soluzioni molto flessibili e facilmente adattabili a contesti diversi e variabili. I business model si focalizzano principalmente sulla tipologia di finanziamento e sullo strumento tecnologico sottostante. “Il fermento che si percepisce tra le startup presuppone nuovi spazi di mercato del Supply Chain Finance – afferma Antonella Moretto, Direttore dell’Osservatorio Supply Chain Finance in Italia – tra i servizi offerti, è forte il bisogno di una gestione della liquidità più efficace ed efficiente, soprattutto per le PMI, ma emerge uno spazio di mercato lasciato scoperto dagli operatori più tradizionali e meno propensi all’innovazione.”
Ma la stragrande maggioranza dei provider di finanziamento in Italia, perlopiù banche e factor locali, eroga il servizio senza il supporto di una piattaforma dedicata. Un fenomeno che denota un atteggiamento conservativo dell’offerta, anche per una domanda ancora poco consapevole delle potenzialità del Supply Chain Finance. Le piattaforme disponibili e più utilizzate in Italia sono “chiuse” e abilitano una relazione univoca tra impresa cedente e provider di finanziamento, mentre i paradigmi più competitivi non hanno ancora attecchito. Le grandi banche internazionali stanno introducendo in Italia dinamiche di finanziamento innovativo in ambito Supply Chain Finance, sfruttando le piattaforme fintech in modalità “open finance” e “double open”, emergenti a livello europeo.
In generale, però, il mercato italiano del credito di filiera oggi “è ancora dominato da due soluzioni di tipo tradizionale: l’anticipo fattura, cioè il finanziamento delle fatture non ancora riscosse, che vale 87 miliardi di euro, -3,3% rispetto all’anno precedente, e il factoring, la cessione di crediti commerciali vantati da un’azienda verso i debitori, che vale 57 miliardi (+1,8%), al cui interno cresce però del 7,7% fino a 2,8 miliardi di euro la quota del reverse factoring, la versione che permette ai fornitori di sfruttare il merito creditizio di un’azienda cliente per ottenere prezzi più bassi”. Stentano a decollare invece, sempre secondo l’Osservatorio, “le soluzioni più innovative, come la carta di credito virtuale per la gestione semplificata dei pagamenti tra buyer e supplier, l’inventory finance, cioè il finanziamento delle scorte attraverso una linea di credito, o ancora l’invoice auction, un’asta digitale per investire nelle fatture, e il dynamic discounting, pagamento anticipato a fronte di uno sconto proporzionale ai giorni di anticipo.” Ma all’orizzonte ci sono importanti opportunità di crescita e innovazione.