E sono anche i tipi di aziende in crescita che prevedono, in Italia, maggiori assunzioni di personale nel 2013.
In totale quest’anno, secondo le stime del sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Ministero del lavoro, saranno 750 mila le entrate complessive di personale che il settore privato intende acquisire nell’arco di quest’anno.
La motivazione, per cui proprio le imprese che innovano ed esportano sono i settori che più investono in capitale umano, è una: la necessità di mantenere alto o di accrescere il profilo competitivo, rivolgendosi a profili “qualificati”. In questo modo vengono assunti, in quota relativa rispetto al totale, più laureati e diplomati e vengono ricercati un maggior numero di profili professionali tecnici e operai specializzati. La “qualificazione” si accompagnerà, nei programmi delle imprese, anche a un orientamento leggermente più diffuso verso la stabilizzazione delle figure che verranno integrate in azienda: rispetto al 2012, i contratti di lavoro a tempo indeterminato “guadagneranno” infatti nel 2013 un punto percentuale, andando a rappresentare oltre un quinto delle entrate totali.
Queste nuove entrate nel mondo del lavoro controbilanceranno un trend occupazionale invece negativo per molti altri settori lavorativi. Ammonta a infatti a -250mila il saldo tra le 750mila entrate complessive previste e il quasi milione di uscite programmate dalle imprese. Questa dinamica tenderà a colpire prevalentemente tutti quegli ambiti – territoriali, di dimensione d’impresa, settoriali – più strettamente dipendenti dal mercato interno: il Mezzogiorno (da cui è atteso il 35% del saldo negativo complessivo), le imprese con meno di 10 dipendenti (che prevedono di ridurre la propria forza lavoro di 142.600 unità), le costruzioni (-59mila il saldo), il commercio al dettaglio (-24.500), il comparto turistico (-25.600).
“Per ricostruire l’occupazione perduta non c’è che un modo: ripartire dalle imprese”, ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. “Senza imprese, non c’è lavoro. E le imprese possono creare lavoro se riescono a crescere, a sviluppare nuovi prodotti e servizi, ad allargare il proprio mercato. I dati non sono confortanti ma la presenza di una quota significativa di imprenditori che scommettono sull’impresa e operano nuove assunzioni fa capire che il sistema è vitale e che riducendo il carico burocratico e quello fiscale si libererebbero risorse per accelerare la ripresa”.