Il Temporary Framework è stato un boost da un lato per le imprese che hanno potuto reperire liquidità più facilmente e rapidamente e, dall'altro, per banche e altre istituzioni finanziarie che hanno potuto erogare, anche sfruttando l'innovazione tecnologica delle fintech. Un'opportunità che non cessa con la fine delle garanzie speciali e del ritorno alle regole di Basilea, perché il fintech sarà ancora in grado di prestare gli stessi servizi con uguale efficienza e velocità
A cura di Andrea De Luca, Area Manager Sud Italia di Opyn
Il 30 giugno si chiude definitivamente un’epoca - quella del Covid e delle misure di emergenza concesse alle imprese in crisi di liquidità. In particolare, cessa l’erogazione dei finanziamenti con le garanzie potenziate, introdotte dal Decreto Liquidità e prorogate dal Cura Italia. Il pacchetto (che complessivamente ammontava a 750 miliardi di euro comprendendo anche le moratorie sui mutui) ha consentito alle banche e altre istituzioni finanziarie, con il supporto delle fintech, di prestare fondi alle imprese con maggiori garanzie e per i prestiti fino a 30mila euro senza la valutazione del merito di credito. Dal Temporary Framework non si esce bruscamente, ma dopo un periodo di transizione iniziato circa un anno fa (con la riduzione di tempi di rimborso e valore delle garanzie).
Il ripristino di condizioni normali, anche sul fronte delle regole di Basilea sugli accantonamenti, sospese anch'esse nel Covid per garantire liquidità alle imprese, potrebbe influire sui processi di erogazione del credito da parte delle banche e delle altre istituzioni finanziarie. A meno che i processi non diventino più efficienti: upgrade che le fintech hanno dimostrato di poter attuare e saranno ancora in grado di fornire grazie alle proprie tecnologie proprietarie a alla capacità di risposta istantanea e flessibile.
Ci avviamo dunque a un periodo di normalizzazione delle condizioni finanziarie - anche se non è escluso che potranno essere assunte nuove misure alla luce delle conseguenze più recenti della guerra in Ucraina (in particolare il taglio dell'import di gas e il possibile razionamento delle forniture alle imprese). Staremo a vedere, intanto rileviamo che la situazione si fa nuovamente complessa per le attività produttive: complessa perché dominata dall’incertezza che, com’è noto, tipicamente blocca le decisioni di investimento o le rallenta. Perché l’incertezza rende impossibile fare ipotesi sul futuro, e questa eventualità è nemica della proattività.
Ma qual è stato l’effetto del Temporary Framework? Dirompente. Secondo l’ultimo aggiornamento della task force di Banca d’Italia al primo giugno erano saliti a oltre 248,3 miliardi le richieste di garanzia per i nuovi finanziamenti bancari per micro, piccole e medie imprese presentati al Fondo di Garanzia. Sono 2.722.049 le richieste di garanzie pervenute al Fondo nel periodo dal 17 marzo 2020 al 31 maggio 2022: di queste, 1.184.890 sono riferite a finanziamenti fino a 30mila euro per un importo finanziato di circa 23,1 miliardi di euro che, secondo quanto previsto dalla norma, possono essere erogati senza attendere l’esito definitivo dell’istruttoria.
Attraverso Garanzia Italia di Sace invece i volumi dei prestiti garantiti hanno raggiunto i 35,6 miliardi di euro, su 5.521 richieste ricevute. Circa 10,3 miliardi di euro del totale riguardano diciotto operazioni garantite attraverso la procedura ordinaria prevista dal Decreto Liquidità, relativa ai finanziamenti in favore di imprese di grandi dimensioni, con oltre 5000 dipendenti in Italia o con un valore del fatturato superiore agli 1,5 miliardi di euro. Crescono inoltre a 25,3 miliardi di euro i volumi complessivi dei prestiti garantiti in procedura semplificata, a fronte di 5.503 richieste di Garanzia gestite ed emesse tutte entro 48 ore dalla ricezione attraverso la piattaforma digitale dedicata a cui sono accreditate oltre 250 banche, istituti finanziari e società di factoring e leasing.
Insomma, i prestiti garantiti hanno pesato per circa 300 miliardi di euro, quasi la metà dello stock complessivo di prestiti alle imprese che ammontava a 660 miliardi di euro ad aprile 2022 (Fonte: Banca d'Italia, Statistiche, Tavola 1.8).
Oggi questa cornice normativa cessa e, lo abbiamo accennato più sopra, tornano a pieno regime le regole di Basilea, che erano state sospese tra il 2020 e il 2021 e che impongono alle banche di accantonare capitale a fronte di ogni prestito e in misura via via maggiore in base al rischio di quest'ultimo. Regole che sono state pensate dopo la crisi finanziaria del 2008 che promanava da erogazioni troppo facili soprattutto in Usa e che però hanno avuto come ovvio effetto collaterale quello di ridurre le erogazioni alle imprese negli anni.
Basilea non è l'unico problema, ma a ben vedere solo una componente del costo che le banche devono sostenere per erogare prestiti. In realtà è il modello di business bancario tradizionale che non consente di fare finanziamenti in maniera redditizia: le ragioni sono note. E vanno dai costi di gestione delle reti commerciali, alla scarsa digitalizzazione di prodotti e processi, a metodi di valutazione che non sfruttano le tecnologie più avanzate, a tempi lunghi per l’elaborazione delle pratiche.
Rispetto al 2008 oggi però lo scenario è mutato perché banche e fintech hanno consolidato il proprio rapporto di collaborazione. Le fintech, che si avvantaggiano di un processo nativamente digitale che ha costi inferiori e affidabilità elevata, “operano come facilitatori che mettono in contatto chi domanda finanziamenti con gli investitori (individuali o istituzionali) che intendono concederli”, così Bankitalia in un report recentissimo che fa il punto sul settore. E continua “un elemento collegato all’espansione del mondo delle piattaforme riguarda, più in generale, i rapporti tra gli operatori Fintech e gli intermediari finanziari tradizionali".
Non è un caso che nel 2020-2021, complice il boom della digitalizzazione (spinta dal distanziamento) il fintech sia cresciuto esponenzialmente: da un lato le aziende si sono avvicinate a questa nuova opportunità e, forzate dall’emergenza, hanno abbandonato i pregiudizi e hanno imparato a conoscere e ad apprezzare i marketplace dei business lending, dall'altro le stesse banche tradizionali, ma anche gli altri intermediari finanziari e le corporate, hanno sempre più guardato con attenzione al settore e stretto collaborazioni sempre più forti con questi operatori che sono appunto degli abilitatori tecnologici e di servizio per loro.
Così è aumentato l’erogato: nel caso di Opyn è ammontato a mezzo miliardo di euro nel 2021. E il fintech si è evoluto, grazie alla sua capacità di evolvere rapidamente e adattarsi alle nuove domande di mercato. Opyn ha stilato una serie di accordi con diversi istituti finanziari raccolto un ammontare in cartolarizzazioni di 600 milioni di euro nel biennio 2020-2021. La motivazione di questi accordi era quella di veicolare rapidamente i crediti garantiti e di farlo in maniera più efficiente, grazie alla capacità di adattamento delle fintech al cambiamento regolamentare e congiunturale.
Una motivazione che la fine delle garanzie potenziate non fa venire meno: le imprese, proprio per l'incertezza in cui sono costrette a vivere, hanno bisogno di finanziamenti veloci ed efficienti e non a caso le richieste al fintech sono in costante aumento.
Insomma, la macchina delle fintech, che ha accelerato anche grazie al Covid, continuerà a marciare, in quanto le modifiche delle garanzie speciali non impatteranno sui servizi offerti e la domanda da parte delle imprese di finanziamenti veloci e digitali è ancora tutt'altro che esaurita.