Il primo degli anni Venti vedrà l’Italia consolidare il suo ruolo di hub mediterraneo del settore. Aumentano e si fanno più complesse le forme di collaborazione con le banche mentre nascono nuovi prodotti e servizi che aprono mercati inediti
Entriamo negli anni Venti del nuovo secolo e, in attesa di apprendere dai numeri com’è andato il 2019 per il FinTech italiano, come di consueto BorsadelCredito.it prova a tracciare le traiettorie di sviluppo per l’anno che sta iniziando. Un anno carico di simbolismo numerologico, un anno di cesura e di ingresso in una nuova epoca.
Un anno in cui per il FinTech italiano, ufficialmente approdato nell’era dell’open banking (o meglio dell’open finance) si aprono sfide interessanti e molte opportunità. Come quella di diventare un polo di riferimento in Europa, mentre aumentano le collaborazioni con le banche e si delinea un nuovo concetto di prodotto al servizio delle nicchie sottobancarizzate.
Ecco cosa succederà nei prossimi mesi.
L’Italia sempre più hub europeo del FinTech
Cresce il Fintech District, nato a settembre 2016 grazie all’alleanza tra Sellalab, polo d’innovazione del gruppo Banca Sella, la società di coworking Copernico eFabrick: il distretto ha quadruplicato in due anni le adesioni (da 32 a 122 startup, oltre a 8 membri corporate, 15 collaborazioni con hub internazionali). Non solo. Lo scorso luglio una società italiana si è aggiudicata il ruolo di capofila nel progetto europeo Infinitech: è Gft Italia, controllata da Gft Technologies SE, che dovrà coordinare il progetto e riceverà 16 dei 21 milioni stanziati complessivamente nell’ambito del programma Horzion 2020. Infinitech – a cui partecipano 42 partner tecnologici di 16 Paesi, tra vendor di Ict, system integrator, centri di ricerca e organizzazioni finanziarie – sarà un’architettura informatica di riferimento che porterà intelligenza artificiale, blockchain, Big Data e Internet of Things nel mondo della finanza, per aumentarne trasparenza e implementare le innovazioni necessarie ad alimentare nuovi modelli di consumo. Il progetto, partito lo scorso primo ottobre si concluderà a dicembre 2022.
L’anno del consolidamento dell’open bankng
Se il 2019 è stato l’anno zero della rivoluzione finanziaria in Italia in ottica open banking, grazie all’entrata in vigore della PSD2 (la direttiva europea su pagamenti digitali) il 2020 sarà “l’anno di messa a regime dei cambiamenti avviati nella seconda metà del 2019 e di definizione di nuovi modelli di servizio che vedranno il go to market nel 2021”. È la conclusione, che condividiamo, di un’analisi di Fabrick. Il mercato è partito a rilento e ora nella prima parte del 2020 le banche saranno “impegnate nell’assestamento tecnologico dei servizi infrastrutturali” per poi dedicarsi a progetti rivolti ai consumatori, attingendo anche a quello che succede in Europa. Un buono spunto arriva, per esempio, da Pepsi (Pan European Payment System Initiative), un sistema europeo di servizi multi-banca di bonifici istantanei per il mondo retail.
La crescita esponenziale degli investimenti
Il 2020 sarà l’anno in cui l’Italia consoliderà la sua posizione di Paese in cui il FinTech attrae di più gli investitori. Secondo i dati dell’ultimo Osservatorio FinTech & InsurTech del Polimi, le 1210 startup presenti sul mercato globalmente hanno visto i finanziamenti aumentare del 70% tra maggio 2016 e maggio 2018; per le italiane la variazione è stata del 120%. Uno scenario virtuoso che dovrebbe spingere le banche ad attingere in questo ecosistema per innovare. Anche perché la finanza tradizionale va incontro, secondo un report di Ernst & Young del 2019, a perdite anche rivelanti in diversi ambiti di business, e proprio per effetto dell’emergere di nuovi modelli di business. La società calcola a – 34% le perdite nei pagamenti sia nel wealth & asset management sia nei prestiti alle PMI; mentre vede in discesa del 17% il comparto delle carte di credito e dei mutui.
Il boom delle collaborazioni
I due terzi della spesa informatica nelle banche italiane è destinata ancora oggi a compliance e alla manutenzione dei sistemi di legacy. Lo afferma il professor Marco Giorgino, direttore scientifico dell’Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano, dubitando che le banche abbiano oggi la capacità di sviluppare innovazione in house. “Serve una nuova governance. Con la rivoluzionePsd2 soggetti non tradizionali come le big techpossono concorrere grazie a una grande base utenti, bassi costi di acquisizione, accesso a grandi moli di dati e alle licenze di internet banking. Il ruolo delle fintech sia di promuovere l’innovazione per soggetti rimasti per troppo tempo seduti e che oggi fanno fatica a reagire: il tempo è scaduto”. Nella seconda indagine della Banca d’Italia sul FinTech nel sistema finanziario italiano si legge che nel periodo 2017-2020 gli investimenti FinTech del sistema finanziario siano ammontati a 624 milioni di euro, dei quali 233 spesi nel biennio 2017-2018 e 391 previsti in quello successivo (oltre l’80% di questa spesa è complessivamente riconducibile a banche e oltre tre quarti a 10 intermediari; mentre Sim e Sgr non raggiungono l’1% della spesa). Gli investimenti in attività di collaborazione con le FinTech ammontano a 93 milioni di euro (solo il 14% del totale) e la modalità di interazione più frequente è la partnership in forma assoluta (42 intermediari per poco più di 17 milioni di euro) ovvero in combinazione con incubatori, acceleratori e distretti (11 intermediari per 5 milioni di euro) o con l’acquisizione di partecipazioni in imprese FinTech (7 intermediari per 6 milioni).
La focalizzazione sul servizio e le nuove nicchie
In un mondo che cambia, le banche – e in generale i fornitori di servizi finanziari – sono alla costante ricerca di nuove nicchie da servire, che esulino dal retail. Una molto promettente è quella dei lavoratori autonomi, 6 milioni di partite Iva che chiedono prodotti facili e snelli per gestire la parte contabile e finanziaria della propria attività. Le PMI sono il focus della prima challenger bank italiana (Illimity) e di una società come Qonto, che offre un conto dedicato alle piccole imprese e in Italia ha anche una partnership con BorsadelCredito.it. In generale nel 2020 non basterà un app friendly per avere successo, ma le FinTech dovranno focalizzarsi sulla fornitura di servizi che nel mercato non ci sono. E le aziende FinTech, come scrive il secondo rapporto di Ambrosetti sul comparto, sono “particolarmente abili nel capire le dinamiche di consumo del cliente, costruendo nuovi modelli di offerta e non limitandosi a migliorare i punti di contatto con il cliente”.
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